Una ricorrenza preoccupante
Il 18 aprile 1948, per la prima volta l'Italia Repubblicana è chiamata alle urne. La campagna elettorale che ha preceduto le votazioni è stata particolarmente aspra. Si fronteggiano due blocchi. Da una parte la Democrazia Cristiana che ha stretti rapporti con gli Stati Uniti. Alcide De Gasperi, il leader Dc , nel gennaio del 1947 è volato negli Usa ottenendo cospicui aiuti finanziari per la ricostruzione.
Dall'altra il Fronte Democratico Popolare composto da PCI e PSI che non nasconde i suoi legami con l'Unione Sovietica di Stalin.
A fronteggiarsi, quindi sono due concezioni diametralmente opposte dello Stato.
Nel maggio del 1947, dopo anni di collaborazione che hanno portato alla nascita della Repubblica e alla scrittura della Costituzione, la DC ha varato il IV governo De Gasperi con la sinistra per la prima volta all'opposizione.
L' esito del voto è estremamente incerto. Il 2 giugno 1946 insieme al referendum Monarchia - Repubblica si è votato anche per l'Assemblea Costituente. Il PCI ed il PSI hanno ottenuto insieme il 39,61 dei voti. La DC, dal canto suo, ha raggiunto il 35,21.
Il risultato del voto del 18 - 19 aprile 1948 è clamoroso. La DC ottiene il 48% dei voti e la maggioranza assoluta in Parlamento.
Il 18 aprile coincide con l'inizio del potere Democristiano e nel 1978, dopo 30 anni, è ancora ben saldo.
Aldo Moro è nelle mani delle Br da 33 giorni e inquirenti e politici non nascondono la loro preoccupazione per eventuali azioni che i terroristi potrebbero intraprendere in occasione della ricorrenza.
L'acqua dal soffitto
Alla ricorrenza del 18 aprile sicuramente non pensa Nunzia Damiano, l'inquilina dell'interno 7 di via Gradoli 96. Poco prima di uscire di casa per andare al lavoro, si accorge che dall'appartamento del piano superiore filtra dell'acqua:
l'acqua colava nella stanza da bagno, ricordo che colava anche nella Cucina e sul balcone. Mi sono accorta del fatto intorno alle 8. Ho avvisato l'amministratore, il Sig. Catracchia. Deposizione di Nunzia Damiano, 13 novembre 1978. In CM1,vol.42, pag.262
Domenico Catracchia da alcuni mesi non è più l'amministratore dello stabile, ma essendo nei pressi del palazzo viene informato della perdita:
Il giorno 18 alle ore 08:10 circa mi trovavo in via Gradoli per motivi condominiali, quando venivo richiesto dalla sig.ra Nunzia Damiano la quale mi pregava di intervenire per una grossa perdita d'acqua nel suo appartamento proveniente dall'appartamento soprastante. Unitamente al custode dello stabile Scipioni Giovanni mi sono portato presso l'appartamento in argomento che però era deserto. Poiché sul posto c'era anche l'idraulico della zona Jean Claude Teschofen l'ho pregato di chiamare i pompieri. Deposizione di Domenico Catracchia, 20 Aprile 1978. In CM1, vol. 30, pag. 899
Anche l'idraulico Teschofen viene interrogato:
Ho appurato che le perdite di acqua provenivano dall'appartamento sito al piano 2°, int. 11, scala A, e si infiltravano attraverso il pavimento nell'appartamento sottostante.
Insieme all'amministratore abbiamo bussato all'appartamento da cui proveniva la perdita, ed avuta risposta negativa abbiamo anche cercato di forzare la porta, il tutto però con esito negativo. Sono quindi tornato nella mia abitazione informando i Vigili del Fuoco, affinché intervenissero per quanto di competenza.
Deposizione di Jean Claude Teschofen, 18 Aprile 1978. In CM1, vol. 30, pag. 974
La scoperta del covo
La chiamata di Teschofen è registrata alle 9:47. Dalla caserma Prati parte un'autopompa con tre vigili a bordo. Il caposquadra Giuseppe Leonardi viene interrogato il giorno successivo:
Mi sono recato nell’appartamento int. 7 presso la signora che aveva richiesto l’intervento e constatata la gravità del danno ho deciso di forzare la finestra dell'appartamento sovrastante dal quale proveniva l’acqua. Quindi, previa forzamento della finestra siamo penetrati nell’appartamento n. 11 ove ho constatato che il danno proveniva dal fatto che era stata lasciato aperto il rubinetto della doccia. Dopo averla chiusa stavamo per andare via quando su di un tavolino posto all'ingresso ho notato alcuni fogli dattiloscritti con l'emblema delle B.R. Ho chiamato quindi un mio collega che si trovava in auto, l’ho fatto salire ed insieme abbiamo fatto una piccola ispezione all’appartamento. Nella camera da letto abbiamo rinvenuto un opuscolo delle Brigate Rosse. Ho notato anche che sul letto c’era una macchia di sangue sotto un divano una tronchese. Sempre nella camera da letto in un armadio ho notato due cappelli da poliziotti o almeno simili e una giacca con sul petto il disegno di un’ aquila. Convinto di trovarmi in un appartamento che potesse interessare la polizia, tramite il mio comando ho fatto avvisare la polizia. Deposizione di Giuseppe Leonardi, 19 Aprile 1978. In CM1, vol. 30, pag. 975.
Alla sala operativa del 113 la chiamata dei vigili del fuoco arriva alle 10:08. Più o meno negli stessi minuti giunge un'altra chiamata. E' la sede de "Il Messaggero" che informa di aver ricevuto una telefonata delle Br dove venivano informati della presenza di un nuovo comunicato delle BR in un cestino di Piazza Giuseppe Gioacchino Belli. Si tratta del comunicato n° 7 in cui si annuncia l'esecuzione di Moro. Il comunicato risulterà un falso.
Ricevuta la chiamata dei vigili in via Gradoli vengono inviate due volanti le Beta 3 e 4. A bordo della Beta 4 c'è il brigadiere Domenico Merola, lo stesso della prima perquisizione in via Gradoli il 18 marzo e del biglietto consegnato e mai recapitato
La cosa è tutt'altro che sorprendente, Merola è in servizio presso il commissariato Flaminio che è il commissariato di zona per via Gradoli. Merola redige un verbale in cui spiega la dinamica dei fatti:
Si è provveduto ad entrare nell'interno mediante forzamento della porta ed effettuato una perquisizione durante la quale, abbiamo rinvenuto numeroso materiale propagandistico delle brigate rosse: pistole, mitra Nagant, fucile a canne mozze, munizioni di ogni genere, una bomba a mano, materiale plastico esplosivo, targhe di auto, due divise complete della P.S., una dell’aeronautica Civile, giubbetto antiproiettile, timbri per la falsificazione di documenti, documenti intestati con fotografie, pacchi di patenti nuove, un casco da postino, una macchina da scrivere Olivetti 22, ed altro. Relazione di servizio di Domenico Merola, 18 aprile 1978. In CM1, vol. 111, pag. 8
In via Gradoli giungono la Digos, la polizia scientifica, gli artificieri, essendo stato rinvenuto nell'appartamento materiale esplosivo, e il giudice Infelisi.
Nell'inventario redatto il giorno successivo i reperti ritrovati sono ben 1.115 escluse le armi che sano inventariate e periziate a parte. L' inventario dei reperti è nel volume 31 della CM1 pagg. 13-65, la perizia sulle armi nel volume 45 pagg. 546 - 642
A sirene spiegate
La scoperta della base brigatista di via Gradoli è uno dei cosiddetti misteri del caso Moro. Molti affermano che la scoperta fu pilotata da elementi esterni alle Br per inviare loro degli" avvertimenti sulla gestione del sequestro Moro. A riprova di ciò ci sarebbe l'espediente della doccia aperta e posizionata stranamente su una scopa . All'argomento dedicheremo un'articolo specifico.
Si è rimproverato, anche, alle forze dell'ordine di non aver mantenuto segreta la scoperta della base brigatista.
Le volanti accorsero in via Gradoli a sirene spiegate e quando il funzionario della Digos giunse sul posto davanti alla palazzina s'era già raccolta una piccola folla di curiosi, nonché diversi giornalisti (subito informati della scoperta del covo delle B. R.) In pratica tutto avvenne con modalità esattamente contrarie a quelle - ovvie - impiegate dal disciolto nucleo speciale del Gen. Dalla Chiesa, per esempio quando avevano scoperto la B.R. di Robbiano di Mediglia, con la massima discrezione avevano atteso l'arrivo dei brigatisti e li avevano arrestati uno dopo l'altro. Il covo di stato, Sergio Flamigni, Kaos edizione ,Pag. 47.
Il paragone, proposto da Flamigni, con l'azione di Robbiano di Mediglia, come anche quella di Via Montenevoso conclusesi con l'arresto di diversi terroristi, è del tutto fuori luogo. In quei casi gli inquirenti arrivarono ad identificare i covi in seguito ad percorso investigativo che permise di pianificare in segreto e con calma l'azione.
Nel caso di via Gradoli la scoperta fu fatta a seguito di un intervento dei vigili del fuoco che, con un'azione spettacolare, entrarono attraverso una scala esterna, dal balcone dell'appartamento posto al secondo piano, radunando già una piccola folla. La centrale operativa della polizia, ricevuta la segnalazione, come prassi, inviò due volanti per accertare i fatti, e le volanti come consuetudine arrivarono con le sirene in funzione. L'arrivo delle due volanti insieme all'intervento dei vigili, "brucio" fin da subito la scoperta del covo.
Inoltre non bisogna dimenticare che era in atto il rapimento di Aldo Moro e quindi si scelse, più o meno coscientemente di privilegiare, attraverso l'invio massiccio di forze dell'ordine, polizia scientifica, artificieri, di setacciare, nel minor tempo possibile l'appartamento, al fine di trovare possibili indizi che potessero portare alla prigione del Presidente DC. Non fu quindi neanche presa in considerazione l'idea di puntare sull'arresto di eventuali terroristi. Il tentativo, inoltre di mantenere segreto, quello che ormai non lo era più, avrebbe rallentato le indagini sui materiali del covo e magari reso inefficaci eventuali informazioni presenti nell'appartamento.
La perizia del Ris.
La seconda commissione Moro nel 2015 ha richiesto al RIS dei Carabinieri una perizia sulle tracce biologiche e su 18 audio cassette rinvenute in via Gradoli. Il risultato della perizia tracciò quattro profili di DNA, due di sesso maschile e due di sesso femminile relativi a soggetti non conosciuti. Inoltre la perizia appurò la mancanza di tracce biologiche di Moro nell'appartamento confermando che il Presidente della Dc non fu mai portato in via Gradoli.
Nel febbraio 2021 il GIP romano Francesco Patrone ha autorizzato la richiesta di prelievo del DNA (avanzata dal PM Eugenio Albamonte) per alcuni brigatisti già condannati per il sequestro del dirigente democristiano, ma anche per alcuni militanti delle Br finora considerati estranei all’agguato di via Fani. La disposizione che obbliga i brigatisti al prelievo si è resa necessaria in quanto nel 2015 molti terroristi si opposero alla richiesta del RIS.
Del risultato dei nuovi prelievi, tra cui figurano personaggi di spicco come Giovanni Senzani, non si sono avute notizie.
Per quanto riguarda le 18 musicassette sequestrate in via Gradoli il loro contenuto si rivelò del tutto irrilevante.